Gianfrancesco Fidone – Il coinvolgimento del settore privato nell’amministrazione condivisa dei beni comuni:
un patto tra parte pubblica, comunità e privati, fondato sulla fiducia e collaborazione

Gianfrancesco Fidone – Ricercatore di Diritto amministrativo, Università di Roma La Sapienza – (gianfrancesco.fidone@uniroma1.it)

SOMMARIO

1. L’asserita contrapposizione tra comunità e intervento pubblico e privato.
2. Presupposti del governo comune e amministrazione condivisa.
2.1 Il modello dei patti di collaborazione per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani.
3. Sui limiti del governo comune e sulla necessità della collaborazione pubblico – privato – comune. 4. Criticità dell’intervento pubblico e privato nel governo dei beni comuni: a) I fallimenti dell’intervento pubblico: fallimenti della legislazione e dell’amministrazione; b) Il fallimento dell’intervento privato; c) Il fallimento dell’intervento privato (segue): insufficienza del mercato a percepire i “valori del non uso”; d) La frammentazione dei diritti proprietari e la c.d. tragedia degli anticommons.
5. Conclusioni: fiducia e collaborazione come presupposto di forme di partenariato pubblico – privato – comunità.

È stato ritenuto da molti che la “restituzione” dei beni comuni alle comunità, attraverso forme di Amministrazione Condivisa, debba necessariamente contrapporsi all’intervento pubblico o privato. Anche la pronuncia della Corte Costituzionale del 26 giugno 2020 n. 131, che per la prima volta ha fatto riferimento all’amministrazione condivisa, sembra aderire a tale impostazione.
In senso contrario, occorre osservare che tutte le forme di gestione del bene (pubblica, privata, comune) se lasciate sole appaiono fallibili. Il diritto di proprietà non è un diritto monolitico, da assegnarsi necessariamente a un unico soggetto, ma un fascio di diritti e di utilità divisi (c.d. proprietà frammentata) che possono essere assegnati a soggetti diversi in grado di cooperare tra loro per la migliore gestione complessiva del bene.
In particolare, l’intervento privato (nelle forme profit e non profit) può essere utile ed opportuno e non necessariamente deve fondarsi sull’esclusione della comunità dall’accesso al bene e al conseguente assoggettamento ad un prezzo. L’Amministrazione Condivisa potrebbe, dunque, fondarsi su un patto tra parte pubblica, comunità e privati, fondato sulla fiducia e collaborazione.


It has been held by many authors that the “restitution” of common goods to communities, through forms of Shared Administration, must necessarily be opposed to public or private intervention. Even the Constitutional Court’s ruling of June 26, 2020 No. 131, which for the first time referred to Shared Administration, seems to adhere to this approach. 
To the contrary, it should be noted that all forms of asset management (public, private, shared) if left alone appear fallible. The right to property is not a monolithic right, necessarily to be assigned to a single subject, but a bundle of divided rights and utilities (so-called fragmented property) that can be assigned to different subjects capable of cooperating with each other for the best overall management of the asset. 
In particular, private intervention (in profit and nonprofit forms) can be useful and appropriate and need not be based on the exclusion of the community from access to the asset and subsequent subjection to a price. Shared Administration could, therefore, be based on a pact between the public, community and private parties based on trust and collaboration.

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