La gestione del Recovery Fund (Next Generation EU) e la necessità di una nuova cultura della gestione amministrativa
di Estanislao Arana Garcia – Professore Ordinario di Diritto Amministrativo presso l’Università di Granada
La pandemia del Covid-19 ha sconvolto il mondo e scosso la struttura economica e sociale di gran parte degli Stati europei. La crisi economica e sociale così generata ha compromesso il progresso e il benessere delle future generazioni degli europei. Al fine di evitare questo “danno collaterale” prodotto dalla crisi sanitaria, l’Unione Europea ha creato uno strumento di finanziamento e di stimolo che comporterà l’impiego di 1,8 miliardi di euro, i quali saranno distribuiti tra gli Stati membri in base alla gravità degli effetti sofferti della pandemia. La finalità di questa forma di intervento è quella di costruire un’Europa più verde, più digitale e più resiliente, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Dopo avere assunto la delicata decisione politica di fornire una quantità così significativa di risorse finanziarie agli Stati membri, si tratta ora di utilizzare quelle somme. La difficoltà, che stanno già emergendo, incontrate dagli Stati membri nel gestire le risorse (nel caso della Spagna è stato impiegato solo il 5% delle risorse stanziate per quest’anno) possono minare la credibilità della struttura burocratica e della sua capacità di impiegare efficacemente ed efficientemente questo flusso di denaro. Se, una volta ottenuti i fondi, la pubblica amministrazione di ciascuno degli Stati beneficiari si rivelasse incapace di spenderli adeguatamente e nei tempi previsti, i cittadini europei potrebbero trovare nuovi motivi di sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche. Un sondaggio realizzato nel settembre 2021 dal Parlamento europeo attraverso l’Eurobarometro mostra che il 41% dei cittadini europei non ha fiducia nella capacità degli Stati membri di gestione dei fondi. La percentuale, nel caso della Spagna, sale al 49%.
La natura pubblica dei fondi movimentati dalla Next Generation conduce direttamente all’adozione di formule gestionali in grado di salvaguardare i tradizionali principi e le regole pubblicistici sulla spesa (trasparenza, imparzialità, responsabilità ed efficienza nella destinazione e utilizzazione dei fondi). La difficoltà di gestire i fondi da parte degli Stati è dovuta alla presenza di eccessive forme di controllo o ha forse a che fare con l’impreparazione delle amministrazioni pubbliche e con la loro incapacità di rispondere ai bisogni delle società? È possibile correggere queste carenze con piccole riforme normative o ci troviamo al cospetto di problemi strutturali di funzionamento della nostra burocrazia? Si può essere più agili ed efficienti senza compromettere i necessari controlli e le garanzie pubblicistiche?
Siamo, senza dubbio, di fronte ad alcune delle sfide più importanti e tradizionali del diritto pubblico: legalità versus efficacia. In passato, abbiamo affrontato questo conflitto adottando una soluzione che dobbiamo necessariamente mantenere: non vi è efficacia al di fuori della legalità. Dobbiamo tuttavia innovare le strutture e le regole di funzionamento se non vogliamo che lo sforzo politico ed economico legato ai fondi Next Generation porti a un fallimento e alimenti un nuovo motivo di sfiducia del pubblico nei confronti delle istituzioni democratiche. Parliamo di fondi di nuova generazione, che, tuttavia, devono essere gestiti da enti pubblici della precedente generazione. Ecco il dilemma, il problema e il pericolo per la credibilità dello Stato di diritto e della democrazia.
Abbiamo lasciato trascorrere troppo tempo senza adeguare le strutture e le relative procedure amministrative a modelli più agili, in grado di consentire alla Pubblica Amministrazione di agire efficacemente nel rispetto della legge. In una situazione di crisi come quella attuale non c’è più tempo per realizzare riforme di ampio respiro e, quindi, ancora una volta, ad esempio nel settore degli appalti pubblici, dovremo ricorrere a procedure semplificate e urgenti, a forme di affidamento diretto, a istituti emergenziali: procedure e regole che, in linea di principio, dovrebbero trovare applicazione solo in circostanze del tutto eccezionali e che, purtroppo, per mancanza di lungimiranza, diventano ordinarie.
Accanto ai cambiamenti organizzativi, alle semplificazioni o all’eliminazione di procedure e di regimi amministrativi superflui, occorre produrre un cambiamento radicale nella cultura burocratica e, soprattutto, nelle politiche relative al personale dell’Amministrazione. Sebbene sia un compito molto difficile da realizzare, dobbiamo cercare di stabilire incentivi e strumenti giuridici in grado di garantire che il personale al servizio delle pubbliche amministrazioni acquisisca realmente il possesso di competenze digitali; occorre inoltre istituire meccanismi efficaci per misurare e controllare il lavoro dei dipendenti pubblici. La disciplina e il funzionamento gerarchico sono principi imprescindibili che, indeboliti nel corso degli anni, dobbiamo recuperare. D’altro canto, è necessaria l’adozione di una politica ordinata e stabile delle risorse umane, nonché l’impegno per lo sviluppo di una politica relativa ai vertici burocratici professionali. Tali competenze, principi e regole operative sono essenziali per gli attuali dipendenti pubblici; di essi occorre peraltro tenere conto nei processi di selezione delle future generazioni di dipendenti pubblici.
D’altra parte, dobbiamo ancora una volta fare pure affidamento sulla collaborazione pubblico-privato come chiave di volta del sistema giuridico ed economico del modello economico liberale dell’Unione europea. È necessario impegnarsi nella ricerca di idonee formule di sinergia tra pubblico e privato, riordinando le funzioni di ciascuna delle due sfere. Il potere pubblico deve mantenere l’iniziativa in molte occasioni ma non deve necessariamente essere l’attore che esegue e porta a compimento tutta l’attività. L’iniziativa privata può contribuire con conoscenze, agilità e maggiore dinamismo alla gestione e all’esecuzione di talune attività, la cui responsabilità resta pubblica, ma la cui realizzazione, con l’opportuno controllo dei poteri pubblici, è più efficacemente rimessa al settore privato.
Se vogliamo sfruttare l’enorme quantità di denaro che l’Unione europea ha posto al servizio della ripresa, dobbiamo fare maggiore affidamento sull’iniziativa privata, basarci sulla sua capacità di gestione e stabilire coraggiosi meccanismi di controllo pubblico che siano bensì efficaci ma, al contempo, che non intralcino la gestione. L’intervento europeo può consentire di fronteggiare immediatamente la grave situazione attuale, ma, potendosi ipotizzare future crisi, pandemie e situazioni straordinarie, parte di questi soldi potrebbe essere investita per realizzare una vera e propria trasformazione delle strutture burocratiche tradizionali, della relativa cultura e del personale onde garantire che le amministrazioni siano davvero preparate per agire al servizio delle nuove generazioni di europei.